Tra le architetture più fotografate e culturalmente iconiche, Casa Malaparte (nota anche come “Villa Malaparte”) deve la sua grandezza unica tanto al suo progettista, Adalberto Libera, quanto al suo proprietario, Curzio Malaparte. Questi desiderava che la sua casa fosse una pura espressione – se non addirittura una “reincarnazione” – del suo spirito libero.
Fonte immagine: https://www.italianways.com/it/villa-malaparte-razionalismo-e-natura/
Lo scrittore, l’architetto e l’isola di Capri
Già prima della creazione della sua amata villa, le opinioni del futuro proprietario sulla questione delle case e della loro realizzazione erano già definite:
Vorrei che le case fossero tutte in bella pietra, ben squadrate, con le terrazze aperte sul cielo e sui suoi golfi…
Curzio Malaparte
Curzio Malaparte – nato come l’italo-tedesco Kurt Erich Suckert – è una figura complessa e particolare, nota per le sue posizioni spesso mutevoli. Emblematico il suo passaggio da un fervente sostegno al fascismo a una posizione antifascista altrettanto convinta e partigiana. Scrittore, giornalista e poeta, Malaparte fu molto attivo negli ambienti letterari e artistici per tutta la vita. La sua visione architettonica, così complessa, racchiude in sé non solo l’equilibrio tra paesaggio e abitazione, ma anche tra uomo e prodotto, tra interno ed esterno. Un design inteso come affermazione di un’identità più che come strumento di vita.
Dopo i primi contrasti con le personalità fasciste, Malaparte fu “esiliato” nel Sud Italia. Lì acquistò un piccolo appezzamento di terreno, precisamente su una scogliera (Punta Massullo) a picco sul Mar Tirreno, sull’isola di Capri. Malaparte conosceva già Capri, in quanto vi si era recato per la prima volta in visita all’amico Alex Muntho, innamorandosi del luogo.
Grazie all’amicizia con Galeazzo Ciano, allora ministro degli Esteri e anch’egli estimatore di Capri, che spesso visitava l’isola con la moglie Edda, Malaparte ottenne la concessione edilizia per la futura villa. La costruzione del complesso iniziò nel 1938 e terminò due anni dopo, nel 1940, sotto la supervisione del capomastro Adolfo Amitrano. La progettazione dell’edificio ricadde su Adalberto Libera. Era un architetto già noto per il suo impulso creativo e l’approccio visionario alla costruzione. A causa del forte richiamo di entrambe le menti coinvolte – Malaparte e Libera – è difficile stabilire chi possa veramente rivendicare la paternità del progetto.
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La difficile costruzione della “Casa come me”
Durante la costruzione, la Villa assunse il soprannome di “Casa come me”, per indicare quanto la personalità di Malaparte fosse impressa nello stile dell’edificio. Nelle sue stesse parole:
Il giorno in cui ho iniziato a costruire una casa, non potevo credere che avrei dipinto un ritratto di me stesso.
Curzio Malaparte
La costruzione, durata due anni, è stata tutt’altro che tranquilla, diventando un caso di studio tanto quanto la casa stessa. Malaparte era molto testardo nelle sue opinioni e il più delle volte si scontrava con Libera, anch’egli con una visione chiara e spesso intransigente. Quando Libera presentò per la prima volta allo scrittore quello che considerava il progetto definitivo, Malaparte lo liquidò come poco più di un abbozzo. Infatti, la maggior parte degli elementi più caratteristici della casa (come la scala e la parete alata sul tetto) sono completamente assenti. Lo stile di Libera, all’epoca, era un modernismo molto più ortodosso e la sua visione della casa non era diversa.
Tuttavia, le “intuizioni” di Malaparte si riveleranno, al di là dei meri gesti formali, una modifica sostanziale dell’interno della casa. Ad esempio, la già citata trasformazione della terrazza in una vera e propria stanza. Le uniche pareti (e il tetto) sono quelle bianche a forma di vela, che uniscono formalmente le forme rigide della casa ai golfi e alle coste sottostanti (e proteggono gli occupanti da sguardi indiscreti). Alla fine, Malaparte cominciò a diffidare di Libera, eliminando lentamente le sue idee dal progetto. Se l’esterno della casa superava il modernismo di Libera, gli interni gravitavano attorno a una serie di concetti cari a Malaparte.
Questi erano le discussioni con Alberto Savinio, autore delle maioliche dipinte della casa, la lira ispirata a Goethe, le quattro grandi cornici in noce, evocative di “una nave omerica spiaggiata” (secondo le parole di Bruce Chatwin), e persino l’arte espressionista. Quest’ultima, combinata con una pavimentazione in “basolato” (tipica delle antiche strade romane), la faceva sembrare una strada aperta. Questo strano mix di idee riflette appieno gli interessi e la personalità eclettica di Malaparte, al punto che, una volta terminata, la casa non presentava quasi nessuna delle caratteristiche stilistiche tipiche di Libera.
Infatti, secondo lettere e documenti recenti, il progetto finale della villa è da attribuire interamente a Malaparte. I progetti di Libera finirebbero per essere completamente diversi, per non dire irrealizzati. Secondo l’architetto Uberto Bonetti, “la realizzazione materiale dell’intero edificio fu eseguita sotto la sua guida estetica e costruttiva: piante, sezioni, ecc.”.
Come raccontò il figlio di Libera,
Curzio Malaparte dice ad Adalberto Libera che gli piacerebbe avere nella sua villa una “scala verso l’infinito”. Un conto è dirlo, un altro è disegnare e progettare quella scala triangolare che si apre davvero sull’infinito… a ciascuno il suo, direi.
Alessandro Libera
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L’eredità di Malaparte
Il fascino unico della villa risiede nella coniugazione di qualità architettonica e caratteristiche umane. Queste riflettono la mentalità paradossale del proprietario.
La casa, già famosa, protagonista di molti set fotografici e che godeva di uno status di celebrità, vide, anche dopo la morte di Malaparte nel 1957, un’enorme popolarità, come ispirazione per artisti e designer di tutto il mondo. Il testamento di Malaparte, riguardante la casa stessa, scatenò una polemica tra i suoi eredi, in quanto recitava:
Mosso dai miei sentimenti di gratitudine verso il popolo cinese e per rafforzare i legami tra Oriente e Occidente, ho istituito una fondazione chiamata “Curzio Malaparte” per creare una casa di ospitalità, studio e lavoro per gli artisti cinesi che vivono a Capri.
Testamento di Malaparte
The heirs, unhappy with this decision, contested the will, beginning a legal battle at the end of which, overriding Malaparte’s desire, they donated the property to the Ronchi Foundation, juridical representative of the family, who still own it to this day.
Il più giovane discendente di Malaparte, Tommaso Rositani Suckert, ne ha riprodotto gli arredi (un tavolo, una panca e una libreria) per la galleria Gagosian. La villa è stata utilizzata anche per le riprese cinematografiche, in particolare per “Il disprezzo” e “La pelle”, che racconta la vita stessa di Malaparte.
Fonte immagine: https://bim.acca.it/villa-malaparte/
Una miscela unica di stili
Villa Malaparte si presenta come un’affascinante sintesi di ispirazioni diverse, che la distingue fortemente dagli edifici contemporanei, tipicamente di taglio modernista o interamente razionalista. A prima vista, la casa si presenta come un parallelepipedo levigato, con il lato corto unito a una scala in stile precolombiano che sale per tutta l’altezza della casa e termina alla base della terrazza. L’esterno della casa, ad eccezione della già citata parete bianca a forma di vela sul tetto della terrazza, è in mattoni colorati in una tonalità di rosso pompeiano decisamente forte.
Fonte immagine: https://www.nauticareport.it/dettnews/report/capri_villa_malaparte_tra_razionalismo_e_ambiente_naturale-6-4757/
La terrazza, come descritto in precedenza, è tecnicamente il tetto nudo decorato con una parete curva di gesso bianco. In questo modo si ridefinisce una gerarchia spaziale in modo che possa esistere un unico spazio murato – la terrazza a cielo aperto in questione – che maschera il camino del tetto e, quando decidono di salirci, i padroni di casa.
Fonte immagine: http://archidiap.com/opera/casa-malaparte/#gallery-1
La struttura complessiva della villa è composta da un grande salone. Questo presenta quattro ampie finestre su ogni parete, in modo che ognuna di esse possa offrire una diversa vista panoramica dell’esterno. Poi abbiamo una camera da letto, un complesso più piccolo riservato agli ospiti e ai visitatori, chiamato “l’ospizio”. E la camera da letto riservata alle signore (che lui corteggiava al momento). Le stanze interne della casa sono collegate da una scala bianca, altrettanto grandiosa, che permette di passare facilmente da un livello all’altro. Ogni camera da letto offriva ai suoi occupanti una vista diversa e suggestiva, rispettivamente sui Faraglioni, su Punta Campanella e sull’orizzonte indisturbato del mare, dove le onde toccano il cielo.
Un caso particolarmente interessante si riscontra nello studio di Malaparte stesso. Qui le eccentricità dello scrittore vengono esemplificate al meglio. La stanza si trova alla base del complesso, direttamente – come le camere da letto – a strapiombo sul mare sottostante, ornata da un camino cristallino, dove la schiuma del mare brilla e si riflette mentre la brace arde e le fiamme danzano.
Fonte immagine: http://archidiap.com/opera/casa-malaparte/#gallery-1
Pur possedendo un’identità propria e inconfondibile e modellando il paesaggio circostante tanto quanto la sua stessa struttura, Casa Malaparte è ancora considerata parte della corrente razionalista, con alcune influenze delle case capresi.
Il tetto con aggetto e funzione di terrazzamento è un chiaro riferimento alle sue radici razionaliste e, se si guarda più da vicino, anche un’eco del pensiero costruttivo della scuola di Le Corbusier. L’edificio cerca comunque la propria armonia, esponendo il parallelepipedo “spezzato” con la scala a cuneo, fondendosi con le rocce e creando il proprio intorno.
Fonte immagine: https://www.italianways.com/it/villa-malaparte-razionalismo-e-natura/
La sensazione di un luogo antico
Nel 1980, la rivista italiana di architettura e design di alto livello Domus intervistò l’architetto americano John Hejduk, che raccontò le proprie impressioni sull’edificio ormai abbandonato:
Isolata, appartata, Villa Malaparte è un oggetto paradossale che si consuma nella sua solitudine, pieno di storie senza risposta. Un naufragio sugli scogli, dopo che la marea si è abbassata. Un sarcofago di voci segrete che sussurrano destini ineluttabili.
La descrizione di Hejduk risuona di meraviglia e sospetto, assicurando che, anche dopo la partenza del suo proprietario, la casa conserva l’affascinante mistica che l’ha resa tanto affascinante.
Fonte immagine: https://www.italianways.com/it/villa-malaparte-razionalismo-e-natura/
Scheda tecnica
– Architetto: Adalberto Libera
– Commissionata da: Curzio Malaparte
– Location: Capri
– Anni: 1937-1940
– Piani: 2
– Aperta al pubblico: No
Fonte immagine: http://archidiap.com/opera/casa-malaparte/
Fonti: